05.10.2021

Ho sempre voluto esprimere il mio universo interiore, le mie idee e i miei valori attraverso l’emozione estetica. Ma non ci si sveglia artisti una mattina. La mia scelta, il mio cammino sono anche la mia esperienza, le mille cose che ho fatto, la conoscenza profonda che ho acquisito nel mondo televisivo. Così i miei lavori sono tutti diversi, ma tutti, in qualche modo, simili.

Nella mia mente, palco e pubblico sono la stessa cosa. O se non la stessa cosa, sono quanto meno due entità vicine, quasi sovrapponibili, che vivono un rapporto di simbiosi dove uno non può esistere in assenza dell’altro. Ho sempre immaginato i protagonisti del palco osservare il proprio pubblico almeno tanto quanto il pubblico osserva loro. Per questo, le mie opere hanno un obiettivo preciso: favorire questo contatto portando il pubblico all’interno.

Quello che in teatro si chiama il “quarto muro” è una definizione che potrei contestare. Secondo me, ci troviamo davanti a un muro illusorio più che reale, un muro trasparente che separa, ma dove in realtà ci si vede perfettamente gli uni gli altri.

Audience è forse la mia opera in cui questo concetto è espresso in maniera più forte e di cui costituisce la base teorica e filosofica. Quando lo spettatore entra in Audience, è posto davanti ad una serie di schermi che “contengono” ciascuno una persona, anche in ripetizione. Lo sguardo della persona che vive nello schermo è fisso sullo spettatore, facendo da subito sorgere la domanda “chi sta guardando chi?”

Non solo. Lo spettatore ha una funzione in più. È in grado di governare le reazioni che le persone negli schermi hanno rispetto a quello che dice o che fa. Possono ridere, provare sgomento, applaudire, e quant’altro. Ma cosa succede qui? Succede che improvvisamente lo spettatore dell’opera fa un salto metaforico e si trasforma in ciò che è osservato e a cui le persone negli schermi reagiscono.

Sono molto legata ad Audience. È stata parte integrante della scenografia del talkshow di La7 Alballoscuro condotto da Alba Parietti. Ma poi ha avuto vita propria e si è sviluppato seguendo il proprio cammino.

Penso che oggi siano più che mai importanti le riflessioni sul rapporto tra gli oratori e i propri pubblici, tra gli esternatori ed il pubblico dei like, soprattutto in politica. Siano esse in piazza o negli spazi virtuali, il consenso è manipolato e la vanità dei personaggi pubblici riorienta il rapporto con il pubblico. Fino a trent’anni fa, sarebbe sembrato incredibile.

“Per me lo scenografo è un prestigiatore che, per realizzare la sua magia, utilizza strumenti tecnologici al fine di costruire un’atmosfera emotiva in cui sia l’ospite che il pubblico siano completamente immersi.”